Autore: Maurizio Pugno
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10 feb, 2022
Tanti anni fa acquistai “ They Say I’m Different ”, secondo album di Betty Davis , pubblicato nel 1974 ed ebbi lo stesso sussulto di quando, alcuni mesi prima, mi trovai di fronte, in uno scaffale della Mille Records di Roma, a “ Small Talk at 125th and Lenox ” di Gil Scott-Heron. Se sovrappongo idealmente questi due rappresentanti della Black Music, posso tranquillamente affermare che alzarono l’asta della contaminazione musicale, politica, ideologica e sessuale ancor prima che alcuni movimenti diciamo cosi, più visibili e rappresentati, se ne fossero appropriati! Al poeta, musicista, militante per i diritti degli afroamericani ed autore dei cosiddetti Spoken Word , antesignano assoluto e padre musicale dell’hip hop, mi viene da specchiare, specularmente, la grande e meravigliosa Betty Davis , scomparsa ieri, scivolata via come un orca marina sotto ad un ghiacciaio. Una profonda ribelle, molto oltre quello che il “mainstream della comunicazione” ha spalmato su di lei; assolutamente al di là del suo matrimonio con Miles Davis , della sua amicizia profonda con Jimi Hendrix , della storia breve con Eric Clapton o con Robert Palmer . Betty Davies è stata, se pur con una breve discografia (3 album tra il 1973 e il 1975 ed uno uscito nel 2009 ma registrato nel 1976), un’artista, compositrice, performer e produttrice e soprattutto una vera innovatrice culturale. Contaminò e sporcò così tanto il funk da far coniare quel termine spesso abusato ma in questo caso reale, fusion e, al pari di Heron , fu una vera pioniera del rap, sia nel senso letterario che del sound. Betty fu parte attiva di quel movimento politicamente scorretto ma vittima e ombra del machismo musicale che l’ha spesso relegata ad essere “quella della copertina di Filles De Kilimanjaro ”, di Miles Davis appunto. Fu affiancata da titani della musica, Tower Of Power , Sylvester James , Carlos Santana , Sly & The Family Stone e Pointer Sisters e qui fuse le sue contaminazioni musicali con la sua rivoluzione personale, facilmente deducibile dai testi e dal modo di porsi: l’emancipazione femminile ottenuta senza filtri attraverso il sesso, un sesso che, come sosteneva lei, è la cosa più importante della vita umana, un sesso esplicito a tratti aggressivo ma sempre e fortemente femminista! Il suo essere diversa, diversa da ciò che veniva all’epoca (ma in alcuni ambienti pure oggi) considerato tradizionale o autoctono, la faceva apparire “pericolosa” per il sistema, al punto da cancellarla dai cosiddetti parametri musicali e culturali della musica Black. Il suo immaginarsi in una società sessualmente femminista, dove una donna, prestante, economicamente indipendente, leader di una band interamente ingaggiata da lei e fulcro di una battaglia di lotta e piacere in cui i maschi sono provocatoriamente dei comprimari, beh, offriva gli elementi politici e morali per cercare di offuscarla a vantaggio dei suoi alter ego maschili, politicizzati sì ma sempre dentro al recinto degli stereotipi della trasgressione. Alcune sue canzoni, per esempio, cantavano di prostituzione, una prostituzione vista dal lato delle prostitute ed il tutto rappresentato dal vivo con performance dove la si sentiva urlare, gemere, farsi soffusa per poi esplodere ancora con tutta la sua fisicità; venne più facile affidare al mainstream Tina Turner , grandiosa e provocante ma rassicurante per le misoginie congenite. Gli stessi ambienti femministi la tennero a distanza, preferendo sempre la lotta politica giocata su altri palchi. Il suo cantare, un canto acido e tagliente, a tratti parlato, lontano dai canoni se riferito alle “perpetue” del gospel e del soul, veniva pure mal digerito dai stessi critici Black. Musicalmente Betty Davis , prendeva il Blues e, a differenza di Hendrix (che lo annegava nel Rock) lo faceva cadere in un pentolone magico che esalava fumi sensuali fatti di Groove e Funk, quel Groove che lei stessa riconosceva come principale fine per poter far alzare il sedere e non solo alle masse. Insomma, un’artista molto irriverente ma importante nella storia della musica Black, quella stessa musica Black, neo soul, Rap, Hip-Hop moderna influenzata, senza riconoscenza (se non in rari casi), da gente come lei; un’artista talmente irriverente che si ritirò completamente dalle scene senza rimpianti o spiegazioni. E’ giusto quindi oggi riascoltare “ They Say I’m Different ”! Già dal primo brano, “ Shoo-B-Doop And Cop Him ”, Betty si rifà alle Blueswomen che cantavano nei bordelli all’inizio del IXX secolo; il maschio è reso, da un gruppo di donne, animalescamente strumento di piacere, senza filtri…” quasi quasi me lo prendo e lo provo questa notte fino alle cinque …”… siamo nel 1974! Maurizio Pugno